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Lista di vini di Muni Daniele Piccinin

Daniele nasce come cuoco, aveva 19 anni quando aprì il suo ristorante. Dopo 3 anni si avvicinò al mondo del vino e della sommelierie e quando assaggiò un Recioto naturale di un suo amico pensò: " mi si apre il cuore, un’emozione forte, un vino diverso, ma perchè?”Allora Daniele smise di lavorare al ristorante e iniziò una nuova avventura acquistando dei vigneti a San Giovani Ilarione in provincia di Verona, ai piedi della Lessinia. Oggi sono 5 ettari su suoli argillosi-calcarei a 300-500 metri di altitudine, in alta collina dove molte lavorazioni sono svolte solo a mano. Da subito iniziò a lavorare nel pieno rispetto della natura: trattamenti usati solo nei casi più gravi (rame e zolfo) mentre in periodi di bassa pressione utilizza estratti vegetali auto- prodotti e o induttori di resistenza perchè per lui è necessario sperimentare il meno possibile, ogni intervento è una manipolazione del frutto e della terra e il suo obiettivo principale è far si che dal suo vino si beva il territorio, tale e quale com’è. Vuole rendere giustizia a un vitigno sconosciuto ma autoctono, la Durella, una varietà che esiste da mille anni ma che rischiava di andar persa. Non usa solforosa se non quando proprio è costretto, ma nell’esperienza ha compreso metodi per limitarla o escluderla completamente, con accorgimenti in fase di travaso che non alterano il gusto e non inquinano il vino. Gli altri vitigni coltivati sono Chardonnay e Pinot Nero. Produzioni limitatissime, in media 15.000 bottiglie l'anno.



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Daniele nasce come cuoco, aveva 19 anni quando aprì il suo ristorante. Dopo 3 anni si avvicinò al mondo del vino e della sommelierie e quando assaggiò un Recioto naturale di un suo amico pensò: " mi si apre il cuore, un’emozione forte, un vino diverso, ma perchè?”Allora Daniele smise di lavorare al ristorante e iniziò una nuova avventura acquistando dei vigneti a San Giovani Ilarione in provincia di Verona, ai piedi della Lessinia. Oggi sono 5 ettari su suoli argillosi-calcarei a 300-500 metri di altitudine, in alta collina dove molte lavorazioni sono svolte solo a mano. Da subito iniziò a lavorare nel pieno rispetto della natura: trattamenti usati solo nei casi più gravi (rame e zolfo) mentre in periodi di bassa pressione utilizza estratti vegetali auto- prodotti e o induttori di resistenza perchè per lui è necessario sperimentare il meno possibile, ogni intervento è una manipolazione del frutto e della terra e il suo obiettivo principale è far si che dal suo vino si beva il territorio, tale e quale com’è. Vuole rendere giustizia a un vitigno sconosciuto ma autoctono, la Durella, una varietà che esiste da mille anni ma che rischiava di andar persa. Non usa solforosa se non quando proprio è costretto, ma nell’esperienza ha compreso metodi per limitarla o escluderla completamente, con accorgimenti in fase di travaso che non alterano il gusto e non inquinano il vino. Gli altri vitigni coltivati sono Chardonnay e Pinot Nero. Produzioni limitatissime, in media 15.000 bottiglie l'anno.


   






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